RAZIONALE
Parlare di intelligenza espone ad un grande, annoso problema: l'impossibilità di definirla davvero. Ci hanno provato psicologi, psichiatri, medici, antropologi, fisici, ingegneri, matematici, pedagogisti, nessuno fornendo una definizione davvero onnicomprensiva. Sebbene sia stata concepita a lungo come un blocco monolitico, una più efficace definizione di intelligenza è quella che la considera come una serie di fattori interdipendenti che comunicano tra loro. Ricaviamo pertanto una prima, grande evidenza: l'essere di fronte ad un concetto tanto affascinante quanto poliedrico e inafferrabile nella sua pienezza.
Quante forme di intelligenza esistono? Come si manifestano e quali scenari aprono alla mente che li sperimenta? Quanti modi abbiamo per immaginarla e in quanti modi può dispiegare la sua azione?
Non si può allora non parlare delle intelligenze al plurale e nella prospettiva che, al di là di ogni pretesa quantitativa di misurazione, le questioni che le riguardano hanno molto a che fare con la loro espressione qualitativa e con il modo in cui interagiscono con la realtà, contribuendo a plasmarla e a modificarla. Anche se le ultime frontiere della tecnologia mostrano che, in qualche misura, anche la macchina può portare a termine dei compiti, se sufficientemente preparata da imponenti moli di dati, le forme dell'intelligenza vanno oltre le capacità di calcolo, di apprendimento e perfino di ragionamento logico, incrociando inevitabilmente anche il tema del soggetto e della soggettività e integrando fattori che coinvolgono direttamente la sfera sensoriale, emotiva, culturale, sociale.
Sondare il mondo delle intelligenze significa quindi scendere nei meandri delle forme multiple che questa straordinaria facoltà può assumere, gettare uno sguardo oltre le definizioni standard e provare a ipotizzare le traiettorie delle sue evoluzioni e le sue possibili modificazioni in rapporto all'ambiente, alle sfide evolutive e ai contesti culturali e sociali nei quali si costruisce la sua relazione con il mondo.