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Arte-Terapia-Psicodinamica

Romeo Lucioni

L'arte ha sempre avuto, nella storia dell'uomo, un grandissimo valore e spessore, non solo per elaborare una lettura della realtà, ma anche per comunicare impressioni e sentimenti, per "rendere felici" con la visione di una "cosa bella", per sviluppare quelle forze propiziatorie capaci di fare ottenere un gran "successo o risultato" (per es. una buona battuta di caccia), per inneggiare e celebrare la "grandezza" di un personaggio e/o un popolo. L'espressione artistica non è però nata con i "progenitori" (vedi l'australopiteco che non ha lasciato "oggetti" tra i suoi resti ossei), ma sembra che proprio dobbiamo farla risalire al genere Homo-Neandertalensis o Cro-Magnon, dimostrando così che "l'animus artisticus" richiede un certo grado o livello di funzionamento psico-mentale. L'esperienza artistica, sin dai tempi più remoti, ha avuto un posto di privilegio nella società, anche perché i "segni simbolici" assumevano un senso trascendete , oltre che un potere magico benefico, propiziatorio, salvifico e curativo. Anche le pratiche sciamaniche, esercitate originariamente dalla donna, utilizzavano segni geometrici, disegni e statuette come mezzo per mettersi in contatto con la Dea (Madre Terra) dalla quale si sperava di avere informazioni su come comportarsi per ingraziarsela.

Da queste osservazioni, si può comprendere come l'idea di utilizzare l'arte per creare benessere o, ancor meglio, per recuperare il soggetto (nel nostro caso l'uomo) abbia raggiunto un adeguato sviluppo affettivo, cioè timologico e valorativo.

Non si può capire il senso del concetto base dell'arte-terapia se prima non si è sviluppata la comunicazione, la socializzazione e la sussidiarietà.

Nel percorso della storia dell'uomo, si è andata così sviluppando l'idea che l'arte-terapia dovesse interessare non solo il mondo rappresentativo (il disegno, la scultura, ecc.), ma anche tutte quelle attività che portano ad uno scambio, comunicativo, integrativo, collaborativi e finalmente di "relazione interpersonale".

Nella logica dunque delle "arti-terapie" il fulcro dell'esperienza è quello di creare un "momento di incontro" nel quale "raccontare il proprio quotidiano". Questo si basa su un "principio di scambio" di interessi, di esperienze, di vissuti, di pensieri, di elaborazioni immaginarie.

Proprio per questo, possiamo dire che le "arti-terapie" presuppongono l'organizzazione di una "comunicazione" che però deve strutturarsi come "dialogo" cioè come comunicazione a doppio canale, a doppia mandata.

Il "dialogo" è il fondamento di tutte le espressioni terapeutiche proprio perché questo è sufficiente ed indispensabile per creare una "tensione" che è attesa e che si traduce in "desiderio".

Se nell'espressione artistica l'oggetto viene posto o sottoposto all'osservazione, nella arte-terapia, al contrario, l'oggetto diventa "scambio" cioè "quel qualcosa di cui si parla", nella logica del quale si deve creare un linguaggio che circola, cioè un "dialogo".

Queste osservazioni danno una spiegazione sul perché la funzione terapeutica e curativa, assegnata all'arte, si sia acquisita solo in epoca romantica, quando ha assunto il valore di "scarica emotiva o delle tensioni profonde e intime", quasi come mezzo per "evitare la follia".

L'espressione artistica ha assunto così il significato di stabilire un rapporto tra il mondo cosciente e razionale e quelle parti oscure dell'anima che devono fuoriuscire per essere … scacciate.

A partire dal XVIII secolo, nelle istituzioni psichiatriche era stato osservato un certo "bisogno" (anche compulsivo), di una "urgenza di creare", di esprimersi, di far conoscere quello che non si poteva esprimere con le parole.

Tardieu (1872) aveva parlato di "bisogno di espressione" e Max Simon (1876) aveva tentato di arrivare ad una classificazione di disegni per legarli a specifiche turbe psichiche.

Anche E. Regis (1884) ha proposto uno studio sulle variazioni espressive e grafiche nella psicosi maniaco-depressiva e nei disturbi nevrotici e/o psicotici.

Il grande studio di Cesare Lombroso (1880-82) oltre a cercare di delineare il profilo del malato di mente e del criminale, ne ha anche studiato l'espressione artistica: disegno, prosa e poesia.

Partendo da questi lavori il 1900 ha arricchito enormemente la cosiddetta "arte dei folli" e possiamo ricordare i contributi di W. Morgenthaler, Adolf Wolpli, E. Cesar, F. Minkowosha, J. Bobon, Karl Wilmanns, Hans Prinzhorn.

Tutti questi lavori, seppure siano molto interessanti, non hanno superato però il vaglio di una ricerca veramente scientifica, capace di dare una risposta sul quesito fondamentale della genesi della "malattia mentale" e/o di uno stato-alterato della mente.

Anche da un punto di vista terapeutico, molto poco si è ottenuto se non un generico "senso di benessere e di auto-soddisfazione". Sicuramente si è potuto constatare come lo stato di alterazione psichica porti a liberare produzioni immaginative ed una creazione artistica fantastica che è stata anche stimolata con l'uso di sostanze stupefacenti ed allucinogene.

Il surrealismo (e ricordiamo particolarmente E. Breton) è rimasto affascinato dalla art-brut ed ha visto l'espressione artistica come una "emanazione dell'inconscio". Questa posizione culturale ha formattato l'idea della espressione artistica come metodo catartico sovrapponibile, per alcuni aspetti, all'elaborazione dei sogni, cogliendo il valore dell'analisi dell'immagine come fondamento psicoanalitico..

Jean Dubuffet familiarizzò con tutta una schiera di "artisti irregolari", attraverso la valorizzazione della "art brut", arte rozza o brutta che porta ad evidenziare presunti momenti regressivi o ad un "pensiero selvaggio o primitivo". Si è arrivati a parlare di "arte genuina o libera da pastoie intellettualistiche" per cui si sono iniziate anche esperienze con bambini ed adolescenti.

In Italia sono risultate notevoli le esperienze di Carlo Zinelli, di Vittorio Andreoli e di Matteo Allone che hanno ad una applicazione più scientifica dell'arte-terapia come modello di intervento riabilitativo e capace di produrre una integrazione sociale.

Riprendendo anche gli studi di Sigmund Freud e di Carl Gustav Jung, si è data maggior importanza alla creatività come mezzo di comunicazione, evidenziando quindi il significato comunicativo ed introspettivo, piuttosto che l'idea della "fuga dalla realtà", della patologia e dell'emarginazione.

Queste osservazioni danno una spiegazione del perché le Arti-Terapie-Espressive hanno in sé la dimensione profonda dei legami tra immagine e linguaggio, che permettono al soggetto la scoperta di un mondo intimo, spesso sconosciuto, addormentato, non ancora sviluppato.

In questo "territorio" si trovano i tesori più grandi dell'essere umano che riempiono il quotidiano ed i sogni, dando senso alla creatività ed alla dimensione immaginaria. Nell'ordine delle idee le Arti-Terapie-Espressive si leggono come un "percorso tracciato nel linguaggio" per raggiungere il benessere personale, ma anche quell'equilibrio tra corpo, mente ed affetti che è espressione di "salute".

L'incontro con le dinamiche sconosciute del Sé porta a interrogarsi sul senso della vita, delle cose ed anche dello stesso Sé, ponendo l'attenzione su dettagli, su particolari che spesso neppure scorgiamo. Tutto questo "curarsi di sé in mente e corpo" porta a dimensionarsi non solo nel qui e ora, ma anche in quelle relazioni dinamiche con il tempo e con lo spazio, che aprono la mente al divenire.

Il cammino esistenziale diventa allora "terapeutico", portatore di salute proprio perché il soggetto comincia a dare importanza ad ogni monade di cui è composto, sia quelle fisiche, che biologiche, che psicologiche, che conoscitive, che trascendenti.

Proprio in questo cammino, che è in parte catartico ed in parte trascendente, si struttura il senso profondo della "espressione nel linguaggio", della scoperta, della relazione tra le parti del sé e le interazioni di queste con il mondo, con gli altri, con la vita, con la salute, con le soddisfazioni, i traumi ed anche con la felicità.

È in questo modo che il soggetto arriva ad apprezzare il senso di sé, a valorizzare il proprio corpo che funziona in ogni sua parte, a scoprire quella "parcella di divinità" che lo riempie di conoscenza e di affetti, ad immaginare le sue "esperienze interessanti, nuove ed insperate" come il vento che riempie le vele per un viaggio nel destino che è anche destino programmato e desiderato". Edith Kramer, in possesso di una formazione artistica e proveniente da ambienti psicoanalitici viennesi, ha sottolineato l'importanza dell'espressione artistica come processo operativo e strumento terapeutico non più come materiale da interpretare, ma soprattutto come vero e proprio strumento capace di indurre cambiamenti. esprimere emozioni e difficoltà, tramutare una comunicazione per "intendersi", per essere partecipi ad un certo "dialogo", ha portato anche a vedere certi aspetti pedagogico-formativi e quindi anche terapeutico-riabilitativi. L'organizzazione di una "psicologia dello sviluppo", fondata sui principi della Timologia (scienza dei valori e degli affetti) ha condotto ad una applicazione, alle pratiche operative dell'arte-terapia fondate su uno schema di

ARTE-TERAPIA-PSICODINAMICA

L'arte terapia psicodinamica vuole portare il soggetto ad appropriarsi di un mondo dove dominano la creatività e l'immaginario. Un mondo che chiamiamo "delle farfalle" perché simboleggiano la "scoperta narcisistica" del proprio territorio, delle proprie origini, delle radici di quel Sé che ha un nome ed un cognome, imposti dall'amore ineffabile dei ... genitori si tratta di scoprire le dinamiche che creano:

  • la propria "madre virtuale" che riempie di verità l'immaginario
  • il proprio "padre virtuale" che accompagna, per i sentieri dell'inconscio, a scoprire "i ponti d'amore", quei luoghi creati per l'incontro, per lo scambio, per l'intesa.

Nell'ambito delle "arti-terapie-espressive" anche la "arte-terapia" si carica di "dialogo" proprio perché induce una "parola che circola", creando successivi e "crescenti" momenti di "sussidiarietà" che è reciproca spinta per raggiungere i più alti traguardi, i più importanti "valori".

Il processo terapeutico mira ad attivare la volontà capace di stimolare un "pensiero autonomo", ad insegnare a pensare (e non semplicemente "cosa pensare"), a rompere l'autoritarismo per creare un modello dialogico-triadico:
modalita triadica

Lo schema del "triangolo triadico" mostra anche le differenze con la posizione "diadica" che, nel rapporto interpersonale "chiuso", sostiene elementi adesivi e di subordinazione che portano a notevoli difficoltà nella crescita e nello sviluppo psico-mentale (soprattutto timologico-valorativo).

Nello spazio terapeutico triangolare si vive, si parla, si comprende, si cresce, si cambia, creando quella "arte" che è parola, che è "dire" all'interno della relazione.

Analizzando lo schema del funzionamento dell'arte-terapia-psicodinamica che struttura una comunicazione triadica ed una "circolazione della parola", possiamo cominciare a tenere in conto che le esperienze attivate non sono il tutto dell'operazione terapeutico-educativa perché la parte di maggior importanza spetta proprio alla "dinamica del linguaggio". Questo attiva "l'esperienza del mondo", del fare e del produrre, ponendosi nel campo timologico dei valori, della memoria e, in ultima analisi, dell'immaginario.

In questo ordine di idee, la relazione diventa memoria individuale, esperienza legata al riconoscimento di una "potenzialità soggettiva" o, se vogliamo, di un pensiero che nella circolazione della parola, si trasforma da "pensiero concreto" (legato alla percezione) in "pensiero affettivo", legato cioè all'altro che … vede, guarda, ascolta, parla … si relaziona.

In questo modo, l'esperienza della A.T.P. diventa discorso, racconto, sentimento che stimola la memorizzazione e la verifica delle cose che cambiano nel soggetto, nell'Altro e nell'ambito relazionale. Con i suoi contenuti variabili (si tratta pur sempre di una terapia) la A.T.P. crea "linguaggi" caratterizzati da diversi stili, modalità cambianti, elaborazioni epistemologiche che diventano "creatività".

In questo processo terapeutico l'Io avanza sostenuto dalla forza del "vincolo", dalle "vibrazioni relazionali" che fanno vissuto e poi memoria; quel ricordo di momenti nei quali "… è successo qualcosa"; sono state " … dette parole"; si sono scambiati sguardi di comprensione e di intesa; è stato elaborato … un atto creativo che è liberazione, esplosività dinamica, ma, soprattutto, permissività.

È il soggetto che "... si permette di essere e di agire", di fare per la pienezza del gusto di "imporre il proprio sé", vissuto come accettato, compreso ed … amato.

L'oggetto della A.T.P. è il frutto della circolazione reciproca di un amore che è dare per ricevere, in una dimensione bi-univoca, una logica di valori e di rispetti, di accettazione e di momenti che si sublimano nella … creatività di un sogno.

L'Io si riconosce nelle sue qualità creative, realizzatrici ed auto-correttive che nelle dinamiche vincolari diventano la spinta a crescere in un ambito nel quale sorge quella funzione di "Nome del Padre" che, in altri termini, diventa un "… Super-Io implicato e protettore".

Il lavoro terapeutico nella A.T.P. offre la possibilità di trasformare le pulsioni, che inducono riflessioni, in espressioni culturali significative e condivisibili, in un processo molto ricco di trasferimenti e contro-trasferimenti, che costituiscono una specie di "gioco delle parti", di spostamenti, sublimazioni e integrazioni.

L'analisi di questi meccanismi di difesa porta a delineare le fantasie fondamentali dell'inconscio (seduzione, castrazione, spostamento, sessualità, erotismo, bisessualità, aspetti di fanatismo, impositivi ed anche legati ad aspetti di filicidio e/o di parricidio) che scappano al controllo della proibizione e della censura.

L'atto creativo diventa, in questo modo, possibilità di lettura, di intesa, di realizzazione dei desideri ed anche di esposizione di conflitti inconsci che permettono così di superare le inibizioni e/o i limiti della parola stessa.

Il "meraviglioso", il "fantastico meraviglioso" (Tudorv) della Arte-Terapia-Psicodinamica é quella luce che brilla negli occhi dopo una scoperta, quel momento nel quale il quotidiano, il noto, il reale ed il "ripetitivo" si mescola all'immaginario, alla dimensione epica di ogni esperienza, alle fluttuazioni sognanti dell'inconscio, per creare quella dimensione che significa "autosoddisfazione".

Questa viene liberata dalle dinamiche libidico-regressive del piacere, assumendo i panni della scoperta del "vero Sé" e della auto-valorizzazione positiva che é il riconoscimento dell'Altro e, soprattutto, la "VERITA' " cioè quel soddisfacente senso d'aver raggiunto il proprio ruolo che é anche "senso della vita".

Questo spazio intimo e personale racchiude anche il "senso di una storia", quella ricchezza intima fatta di vissuti, di "vivencias" e di memorie che si sviluppano in una "magnifica allegoria". Si tratta di un insieme di valori, di affetti, di ricchezze che configurano la "dimensione arcadica della vita" che è raggiungere la perfezione, la purezza, l'amore, la trascendenza ed il "vero senso dell'essere e dell'essere parte della Natura".

Essere se stessi equivale a "ritenersi idoneo", adeguato cioè a intraprendere quel grande e meraviglioso cammino verso la "verità" che si rappresenta come il "diritto di raccontare la propria storia come se si fosse un grande e poderoso RE".

Il processo di trasformazione interiore necessario per proseguire nel "cammino della ricerca" è quello di non rinunciare mai, guardare sempre chi ci accompagna a fianco, essere disponibili, cercare la sussidiarietà, comprendere il vero senso della vita che è racchiuso nello scrigno dei valori e degli affetti, nella "memoria mistica" dell'incontro, del dialogo, dell'abbraccio, di quella stretta di mano che suggella un patto, una promessa, un giuramento.

La creatività diventa "principio riparatore" o di "liberazione" proprio perché il rapporto con il terapeuta, fatto Io-ausiliario, dà la possibilità di ripristinare e di salvare gli oggetti danneggiati nelle fantasie negative.

La riparazione avviene nell'ambito della relazione come "gioco delle parti" nel quale la velocità di attivazione può essere modulata e controllata, rispettando i tempi, oltre le modalità del soggetto che deve ricreare nel mondo intrapsichico quello che avviene nella dimensione catartica della ripetizione nell'ambito dell'incontro.

L'esperienza del fare e del fare insieme (dipingere, disegnare, raschiare, ritagliare, incollare, macchiare, strappare, ricucire, colpire, forare, interrompere il lavoro, riprenderlo dopo una pausa, ecc.) porta al piacere di riconoscere forme, oggetti, relazioni coloristiche e grafiche che permettono l'appropriazione di una modalità estetico-espressiva del tutto personale, più o meno condivisibile, ma che crea uno spazio dialogico e di intesa.

disegno alessandro 1   disegno alessandro 2

Alessandro, un bambino affetto da "disturbo autistico – sindrome di Kanner"- nella A.T.P., ha raggiunto un buon livello espressivo dopo aver superato tutte le tappe per la "conquista degli oggetti" (vedi Lucioni-Murdaca).

Ha cominciato (seguendo la tecnica della "scrittura facilitata") a scrivere parole e a delimitare autonomamente degli spazi in attesa di "essere guidato dal terapeuta per andare avanti nel disegno. Si sono così raggiunti livelli espressivi molto interessanti perché portano ad iniziative autonome, ma soprattutto a "condividere le attività" anche quando (in altre ore di lavoro terapeutico) sembra ripetitivo.

Nei disegni, è interessante sottolineare come sia riuscito a "colorare" utilizzando la tecnica divisionista. Al principio era molto agitato e si guardava la mano come se si sentisse colpito da percezioni "... strane": sembrava che sentisse una specie di "scossa elettrica"

In questo ordine di cose, anche la ripetizione diventa creazione, proprio perché perde il senso della compulsività per diventare sperimentazione di una creatività latente, ma positiva.

L'espressione artistica è un linguaggio speciale perché non fa riferimento alle leggi ed alla logica del "discorso", alle regole grammaticali, alla sintassi, alla punteggiatura e neppure ad un vocabolario o ad una lingua: l'arte è analogica, mentre il linguaggio è digitale.

disegno alessandro 3   disegno alessandro 4

Riconosciamo in queste immagini la possibilità ricreare con Ale un linguaggio che diventa figure (ormai capisce il significato delle immagini e rispetta i margini oltre che le diverse colorazioni) ed anche parole che si intersecano (all'inizio questo lavoro era causa di grandi tensioni ansiose, ora non più anche perché riesce ad "intuire" il senso delle parole – lui non parla per cui è difficile interpretare i suoi pensieri).

disegno alessandro 5   disegno alessandro 6   disegno alessandro 7

Il lavoro continua e si insiste sulla figura umana (specificamente il viso) appunto perché bisogna arrivare a che queste immagini possano essere accettate senza problemi e che lui possa disegnarle anche senza il più piccolo aiuto. In queste tre l'aiuto è stato veramente poco, perché ha richiesto solo che gli si appoggiasse una mano sulla sua (o sul suo braccio) senza guidare il disegno. Ormai non ha problemi di usare la tecnica divisionista e neppure di tracciare tante righe cambiando di colore (che lui sceglie ed usa con l'indicazione verbale: "… disegnale separate e poi riempi gli spazi").

È interessante registrare correttamente queste osservazioni quando i nostri bambini, anche se potrebbero fare da soli, nella seduta di A.T.P., appoggiano la mano dell'operatore sulla propria per "permettersi di disegnare" o di scrivere parole. Anche la conquista di "essere sicuri di sé" può essere originata come una sequenza operativa (R. Lucioni – A. Murdaca).

a) Il momento dell'entrata nel setting è sempre un poco ansiogena ed il bambino dice: "… andiamo a disegnare", proprio perché una attività "conosciuta" genera "correnti di tranquillità, di serenità e di sicurezza".

b) Questo disegno passa da:

  • scarabocchi;
  • colorazione (per lo più con colori scuri, coprenti) di ampi spazi, in forma uniforme e fissante;
  • identificazione di "spazi", per lo più circolari, nelle aree colorate, in modo da significare la scoperta di un "Sé" o di un "oggetto identificato";
  • moltiplicazione degli oggetti;
  • disegno di parti all'interno degli oggetti;
  • gli oggetti diventano "figure" ben individuate e sempre più "strutturate".

c) Il disegno quasi automatico e a forte contenuto "adattivo" (serve a contenere l'ansia) si trasforma anche in parole, acquista cioè un senso comunicativo e, soprattutto, la qualità di predisposizione a lavorare insieme, a collaborare e a partecipare.

Tutto questo rispecchia il valore di una "… conquista di sé", vale a dire, a significare i diversi momenti di auto-identificazione ("metafora della maschera") che portano alla costituzione di un "Sé integrato".

  • La mano posta sopra la sua;
  • la scelta del tipo di disegno;
  • la scoperta dello spazio e del colore;
  • le dinamiche di approccio alla figura;
  • il riconoscimento delle "parti" che compongono l'oggetto-figura;
  • la figura che si arricchisce di ghirlande e di colori-righe che circondano l'immagine;
  • mettere diverse figure nello stesso foglio;

sono tutti elementi che riportano alla "metafora di un linguaggio che circola", che unisce. Che crea legami, che sostiene momenti e, tutto questo, da un lato crea vincoli e, per altro, dimostra "vissuti" che donano senso, spessore e dinamismo all'incontro, alla relazione, al proporsi per uno scambio di visibilità, di cooperazione e di mutuo sostegno.

Queste esperienze non devono essere viste come semplici "reazioni" o "partecipazioni", proprio perché devono essere assunti come "vivencias" (vivenze) – parola di origine sud-americana usata nella pratica della "biodanza" (Rolando Toro Arameda), che porta a significare momenti di ampio contenuto affettivo nei quali emerge la partecipazione personale che però si intreccia strettamente con quella di ognuno degli altri partecipanti all'esperienza "sentimentale".

Anche nella A.T.P. il fondamento relazionale è il transfert ed il relativo contro-transfert che sono relazioni intime e profonde nell'ambito di una creatività che è linguaggio e, quindi, inconscio e immaginario.

Arte-Terapia-Psicodinamica - A.T.P.-, come espressione di costante creatività che, nelle sue matrici psichiche, dona ricchezza ad un "processo di amalgama di significati inconsci che trovano dimora in una nuova interiorità cosciente"

Silvano Arieti propone l'ipotesi che il processo creativo sia l'espressione di una "sintesi magica" tra processo primario e secondario, per raggiungere quello che definisce "processo terziario", che la nostra esperienza terapeutica propone come "cambiamento". Questo richiede una profonda interiorizzazione tra funzioni affettive e cognitive, proprio perché l'auto-identificazione, strutturandosi come autocoscienza ed autostima, acquista forme che definiamo:

  • senso di esistere
  • senso di essere
  • senso di valere come individuo
  • senso di insostituibilità
  • senso di permanenza nel tempo
  • senso di potere
  • senso di avere un proprio ruolo
  • senso di essere normale
  • senso di essere scelti per quello che si é
  • senso di essere accettati in quanto adeguati
  • senso di essere capiti oltre che di capire.

Usiamo la parola senso (e non quella di significato che è legata ai processi cognitivo-deduttivi) proprio perché ha una stretta adesione a processi più primitivi, intuitivi e globali.

Recentemente, in una ricca esperienza terapeutica, abbiamo potuto rilevare come questi parametri funzionali abbiano uno stretto rapporto con processi intuitivi (per qualche lato potremmo anche definirli "inconsci") che si sviluppano nelle più primitive esperienze oggettuali. Nell'esperienza terapeutica con bambini in difficoltà, è stato spesso messo in evidenza che le ansie abbandoniche portano a percepire una "intuizione vivenziale" che i pazienti mettono in relazione con:

- dubbio esistenziale (ci sono, ma potrei anche non esserci); - instabilità (come se da un momento all'altro dovessero verificarsi cambiamenti); - presenza di un "incognito" che forse può essere messo in relazione con "l'orrido" ricordato da Freud; - sensazione di sentirsi "sull'orlo di un abisso" che può essere messa in relazione con i vissuti raccolti nella terapia con adolescenti borderline che raccontano l'impressione di una "morte improvvisa e inevitabile" che provoca profonde crisi di angoscia proprio perché non si tratta di una "morte con corpo presente", ma di una vera e propria "dissoluzione nel nulla".

Le esperienze terapeutiche hanno evidenziato come queste sensazioni (vissuti, vivenze, ecc.) vengono controllate e superate con il ricorso ad una figura di riferimento che viene per lo più legata all'immagine della madre, ma che spesso è anche una maestra o una "amica" (vedi lavori anteriori di R. Lucioni).

Questa figura emblematica porta a far nascere idee-sentimenti profondi che potremmo unire in una "teoria dell'unisono":

- mi dà sicurezza; - come se pensassimo le stesse cose; - basta un suo sguardo; - non sono necessarie le parole perché è il "pensiero della sua esistenza" che mi dà forza; - ci si capisce immediatamente; - si stabilisce un "senso di funzionamento all'unisono".

Nella semplicità dell'espressione (per lo più infantile), c'è un contenuto profondo e significativo che dimostra come quella serie di "senso di …", sopra ricordata, ha una forte origine empatica ed affettiva, per la quale ci sentiremmo di coniare il temine di "teoria del seno buono e accogliente".

Questo potrebbe essere aggiunta a quella serie temporale che, come "teoria della mente", nell'ambito della "teoria dello sviluppo psico-affettivo", abbiamo segnalato e descritto in un precedente lavoro (R. Lucioni).

La nostra proposta potrebbe portarci a definire uno:

Schema paradigmatico della teoria della mente nell'ambito dello sviluppo psico-mentale: affettivo e cognitivo

  • teoria del seno buono accogliente
  • teoria dell'attaccamento
  • teoria dell'oggetto genitoriale
  • teoria dell'unisono
  • teoria della seduzione
  • teoria della fantasia o della maschera
  • teoria della irriverenza (esperienza irridente)
  • teoria della simulazione (approccio controfobico)
  • teoria della resilienza
  • teoria del falso Sé
  • teoria della consolazione
  • teoria dei valori (timologia)

A questo punto potremmo riproporre uno schema paradigmatico per comprendere e/o significare i processi psico-affettivi legati allo sviluppo del Sé.

Stiamo parlando di "creatività" che trasforma la terapia in "luogo del immaginario" che è "luogo di crescita", di formazione, di "transfert", così che è anche "spazio di inconscio", polimorfo e poliedrico, fatto di intrecci e di "significanti".

  1. SENSO DI SÉ
    • non usa più il pensiero primario: onnipotenza, svalutazione, negazione
    • riesce a contenere il fascino delle cose (il sé non si proietta più nelle cose)
    • non usa più una sublimazione immatura (ipocondria; acting-out)
    • controlla la esplosività espressiva: non fa pagliacciate e/o chiassate
    • non si disorganizza di fronte al senso di colpa
    • controlla le reazioni di fronte a fallimenti-insuccessi-errori
    • sa controllarsi di fronte a situazioni conflittive ed alle frustrazioni
    • rinuncia ai desideri infantili di una soddisfazione orale

  2. SENSO DI VALERE
    • sa difendersi dagli impulsi primitivi come; irritabilità, aggressività, distruttività, angoscia, panico, iper-motricità e iper-cinesia
    • tollera e contiene frustrazioni, rimproveri e rinuncia alle proprie scelte
    • resiste al contagio del gruppo
    • contiene l'eccitazione psicologica del collettivo
    • difende il proprio parere e i contributi personali
    • sente di meritare ciò che gli offrono

  3. SENSO DI POTERE
    • riesce a posticipare la scarica degli impulsi e gli atteggiamenti di superiorità
    • riesce a modulare le emozioni (ansia, angoscia)
    • di fronte all'insicurezza non si ritira
    • controlla l'ansia di fronte alla novità
    • di fronte all'altro non si ritira
    • si mette costantemente in gioco
    • difende le proprie scelte e le proprie proposte
    • riesce ad evitare di porre le proprie imposizioni come espressioni aggressive
    • sa modulare le proprie spinte aggressive

  4. SENSO DI APPARTENENZA
    • sentimento di sicurezza nella famiglia
    • nelle relazioni non ha bisogno di dipendenza
    • esprime rapporti validi, profondi e modulati
    • sa usare positivamente i legami con le tradizioni, le abitudini e gli esempi
    • stabilisce rapporti interpersonali validi
    • utilizza come rifugio la relazione familiare

  5. SENSO DI VIVERE VALORI AFFETTIVI
    • riesce a strutturare un modello affettivo valorativo nel rapporto intersoggettivo
    • cura gli oggetti per finalità future
    • accetta inaspettate gratificazioni, espressioni di sostegno e di elogio
    • ha aspettative di sé adeguate alle proprie capacità
    • usa canali sublimatori evoluti come altruismo e umorismo
    • non rinuncia alla auto-valorizzazione

  6. SENSO DI AUTOSODDISFAZIONE
    • ricorre ad immagini gratificanti già vissute
    • riesce a sublimare le pulsioni interne
    • si dimensiona nel senso del proprio diritto
    • usa la coscienza per finalizzare il comportamento

  7. SENSO DI FUNZIONARE COGNITIVAMENTE
    • utilizza la memoria dei fatti e delle persone (non nega più)
    • trova efficienti controlli sostitutivi
    • sa usare un adeguato realismo di fronte a regole ed orari
    • riesce a dare un giusto valore al proprio tempo
    • sa valutare la realtà sociale
    • trae vantaggi dall'esperienza
    • trae conclusioni dall'esperienza altrui
    • sa programmare realisticamente
    • sceglie gli strumenti adatti agli obiettivi
    • usa l'intelletto senza intellettualizzare

Tutte queste osservazioni resterebbero quasi un semplice esercizio teorico se l'esperienza clinico-terapeutica non venisse trasferita ad una valutazione oggettiva dei risultati.

Sulla base dell'esperienza ventennale sviluppata con la E.I.T., la TyLA e la Ippoterapia-Riabilitativa, abbiamo strutturato una scala che abbiamo chiamata:

ARTE-TERAPIA-PSICODINAMICA: behavioral rating list

Questa scala di valutazione si compone di 6 aree di ricerca che compongono un insieme di 135 domande (items) alle quali l'operatore assegnerà un punteggio da 1 a 5, in uno schema che va quindi da un punteggio globale minimo di 135 punti a quello massimo di 675.

Questo modello di "metodo di verificazione" diventa molto utile se applicato con una certa regolarità (ogni due-tre mesi), proprio perché permette non solo di valutare i miglioramenti-cambiamenti indotti dalle molteplici tecniche che vengono applicate nell'ambito della A.T.P., ma dà anche una idea dei cambiamenti verificati in ogni singola area, con la possibilità di modulare gli interventi per raggiungere risultati omogenei.

COMMENTO E CONCLUSIONI

L'Arte-Terapia, nella sua ormai ampia e lunga vita, si è sviluppata principalmente come attività di laboratorio artistico nei quali i ragazzi trovavano spunti ludico-ricreativi nei quali potevano sperimentare momenti di soddisfazione e di piacere.

Utilizzando personale preparato e specializzato, queste esperienze hanno assunto aspetti di sostegno e di riabilitazione, proprio perché i pazienti riescono a contenere le loro ansie, a mettersi in gioco, a esternare le loro attitudini, qualità e prerogative, in un ambito nel quale possono anche mettersi a confronto e così rafforzare il proprio Sé e la autostima.

Altre vie però sono state percorse, con lo scopo di cercare aspetti più decisamente psicoterapeutici, configurando quelle tecniche della "psicologia del profondo", integrate su aspetti esperienziali ed anche psicoanalitici.

In questo modo, le caratteristiche di "psicoterapia rieducativa" si sono arricchite con altre più specificamente riferite alla "psicoterapia ricostruttiva di tipo psicodinamica" che mette l'individuo in rapporto chiarificatore con il proprio inconscio.

Questo aspetto è stato letto come vicino alle teorie di Freud, per le quali l'arte è uno dei mezzi più adeguati per indagare le sfere dell'Eros ed anche quelle di Thanatos, proprio perché fa emergere le spinte della vita, del piacere, della creatività, della soddisfazione e della ricerca dei valori del Sé e del mondo, ma anche quelli che impongono restrizioni, blocchi, inibizioni, difficoltà, dubbi, disagi e, in ultima analisi, pure spinte distruttive (vedi per es. il bambino che cancella o "si cancella" subito dopo aver prodotto un qualsiasi gesto artistico vissuto come identificatorio).

L'arte terapia psicodinamica si struttura come "sequenza narrativa" sulla base di:

  • un incontro con il "pensiero" che, attraverso la direzione del terapeuta, permette la lettura della realtà così come essa appare nella relazione che si svolge nel qui e ora, ma anche in rapporto con le basi culturali e umanistiche caratteristiche della propria società e del proprio tempo;
  • una dinamica di "libertà" che non ha un significato astratto, in quanto è vista come un "progetto", un programma che coinvolge il soggetto, le regole, i diritti e, soprattutto, il rispetto delle pari opportunità e del diritto a sviluppare le capacità e le potenzialità di ciascuno (prescindendo dalla situazione personale di difficoltà, di disagio, di deficit e di impossibilità).

L'arte-terapia-psicodinamica è un metodo pragmatico e sperimentale, spendibile per ordinare o riattivare lo sviluppo psichico del soggetto (bambini, giovane, adulto, anziano) nell'ordine affettivo e cognitivo. Questo "cammino" si struttura sulla acquisizione di prerequisiti essenziali per riappropriarsi di un "dialogo" che, in una dinamica triadica, circola portando a stimolare una intimità istintiva, le valenze affettivo-relazionali, le dinamiche razionali (analitico-deduttive, di problem solving, di organizzazione e pianificazione), l'organizzazione immaginaria sulle sue qualità creative, evolutive e trascendenti.

L'arte-terapia-psicodinamica induce l'esigenza di comunicare, ma anche quella di presentarsi per essere visti, oltre che quella di guardare per vedere e stabilire così il nocciolo fondamentale della vita che è quello di ESSER-CI.

In questa pratica domina, la necessità di mostrare e di trasmettere i propri vissuti, che diventano i mezzi per stimolare la relazione per raggiungere i campi della comprensione, della compartecipazione e della sussidiarietà.

Arte-Terapia-Psicodinamica è quindi:

  • "spazio di inconscio" nel quale si strutturano "transfert" e "contro-transfert";
  • "luogo di immaginario" che spinge alla creatività, all'accettazione dell'altro nel quale emerge il "significante" della trasformazione e del cambiamento;
  • "dinamica triadica" che rompe la dimensione simbiotico-diadica
  • che crea uno spazio intimo polimorfo, poliedrico e cambiante che dà il via al cammino evolutivo dell'essere.

Da questo punto di vista, l'Arte-Terapia si è cominciata a strutturare come esperienza terapeutico-psicodinamica, capace di ristabilire un contatto, riattivare un discorso interrotto dalle problematiche personali, reimmettere il soggetto nelle dinamiche relazionali con un netto intento socializzante.

Con un atteggiamento didattico-assistenziale, poco consono alle reali evidenze neuroscientifiche, neurobiologiche e psicoanalitiche, spesso si legge che l'approccio pedagogico posto nella logica emotivo-affettiva riguarda per lo più il tentativo di dare al soggetto una "… migliore qualità di vita".

In realtà, la più attualizzata psicologia dello sviluppo (psico-affettivo e psico-cognitivo) ha evidenziato come siano proprio le valenze affettive quelle capaci di attivare, sostenere e indirizzare uno sviluppo psico-mentale globale ed olistico.

Affettività non significa approdare ai lidi della gratificazione, dei successi e, in definitiva, dell'autosoddisfazione.

Lo sviluppo affettivo riguarda l'ordine dei valori e, più precisamente, quello di dare valore prima di tutto al Sé e poi agli Altri.

L'affettività si riferisce al contenuto fondante della relazione interpersonale e, soprattutto, quella sociale, ponendosi come integrazione, cooperazione, pari opportunità nel rispetto della diversità.

Sulla base di queste considerazioni la A.T.P. (arte-terapia-psicodinamica) ha cercato di strutturarsi come un vero evento psicoterapeutico, fondato sulla capacità di comprendere le problematiche che interessano il soggetto (dinamiche della diagnosi), di predisporre interventi personalizzati ed olistici, di ricostituire quelle forze intime che liberano la creatività nell'immaginario, di comporre quelle linee-guida e quegli schemi valutativi fondamentali per mantenere le esperienze in un alveo di stretta scientificità.

La A.T.P. ha potuto anche però superare le pur importanti "tendenze interpretative" (proprie della psicoanalisi) per innestare quelle finalità riparative, riabilitative, educative ed anche "curative" che si sono evidenziate attraverso le esperienze delle più accreditate tendenze clinico-terapeutiche, applicate sulla base della "psicologia dello sviluppo".

Questa riguarda oggi lo sviluppo non solo inteso come capacità razionale e cognitiva, ma come possibilità integrative della persona capace di modulare le proprie risposte emotive e, soprattutto, di sviluppare la propria sfera affettiva, timologica e valorativo.

La A.T.P. ha così raggiunto splendidi traguardi per i quali può anche definirsi come "psicoterapia curativa", proprio perché alle dinamiche ludico-ricreative e a quelle educativo-riabilitative nell'ordine personale, ha aggiunto quegli aspetti che rendono possibile il recupero globale e la riattivazione di quelle funzioni timologico-resilienti che portano il soggetto a cercare nuovamente il cammino del proprio sviluppo, l'integrazione sociale, la liberazione della creatività e la spinta per riattivare l'immaginario, assopito o annullato dalle valenze psicopatologiche ostruttive, inibitorie, capaci di creare sensi di colpa, di disabilità, di inadeguatezza, di rinuncia.

La A.T.P. è da considerarsi quindi un incontro dialettico che potenzia la creatività e che produce salute in uno spazio vincolare che arricchisce l'espressione che è desiderio, piacere, autosoddisfazione e sicurezza di sé.

Vincolare si riferisce all'Altro che "sta lì", disposto all'incontro che si produce come dispositivo che ha l'obiettivo di "dare salute".

Questa ha legami con l'imposizione etica basata sul "protagonismo del soggetto" che ritrova il proprio sé nel riconoscersi, nell'apprezzarsi, nel difendere le proprie idee e, in definitiva, … nell'amarsi. E questo sentimento d'amore è qualcosa da ricostruire, da ritrovare perché non si era potuto formare in un "luogo di mancanza" che viene espresso dalla "mano che cerca la tua mano per potersi sentire capace, libero, attivo, sicuro e … creativo".

La A.T.P. non ha dunque un senso utilitaristico, non vuole significare il produrre qualcosa, ma nasce da altro … da quella "utopia dell'arte" che vuole creare spazi sconosciuti da … colonizzare attraverso la creatività, la spinta incontenibile di essere se stessi.

La A.T.P. , "scienza per curare" che è "cure" (in inglese) "tecnica curativa" e non solamente "care" come "prendersi cura", e si propone dunque come approccio olistico alla persona, che abbraccia tutte le sue sfumature e potenzialità, tutta la sua dimensione globale, che significa saper creare "ponti d'amore" nello spazio e nel tempo, nella realtà e nella memoria, nel luogo trascendente che accoglie il Sé ed il Noi.

La parte formale della Arte-Terapia-Psicodinamica è liberazione dal limite della parola per aprire il cuore e la mente alla "poesia" che, prima di tutto, è empatia, comprensione profonda nella frammentazione, nella rottura dello schematismo formale, delle idee preconcette del sapere.

La A.T.P. è un progressivo spogliarsi delle regole e delle prescrizioni, per accogliere il "senso della cerimonia", svuotare la forma concreta per concepirsi attorno ad una "idea" che è senso di Sé, senso dell'Altro, senso del mondo.

La "scansione rituale del tempo e dello spazio" porta a comprendere il susseguirsi dei momenti della vita e del vivere, nel quale il sonno e la veglia, la presenza vigile ed il sognare, il mangiare, il lavoro, le esperienze ed i vissuti, sono un tutt'uno, una infinita intersezione che si costruisce attorno ad un "buon governo", una pratica coerente, una educazione ed un sapere, che prevedono una pratica, una introspezione, un guardare e guardarsi che si legano all'essere guardato. La visione è il linguaggio della creatività, è il segno del comprendere e del comprendersi, della pratica degli affetti, dei valori e dell'amore.

La A.T.P. è consapevolezza in quanto rende chiaro il sentire che l'esperienza della "applicazione rituale" che non è mai innocua, evanescente, incapace di produrre qualcosa che riguarda il proprio sé. L'esperienza del gesto artistico lascia un segno, influenza profondamente, ha una azione sensibile che mette radici, che crea quel virgulto che si sviluppa nella memoria, che ci portiamo appresso come un segno indelebile di "appartenenza". Nella A.T.P. si diventa partecipi nella misura in cui si vive profondamente la partecipazione dell'altro che ci dà verità, che ci innesta vigore e volontà nella chiarezza di una esperienza vitale.

Il valore rituale della Arte-Terapia-Psicodinamica si riempie di concretezza, di pazienza e di consapevolezza, qualità che portano la produzione artistica a far parte di un "rito" . In questo si compie un cammino alla rovescia rispetto al contenuto della quotidianità di una società affidata al caso ed al caos e così ogni gesto creativo acquista un "valore".

Valore è sinonimo di affettività nella cui dimensione, "essere" è soprattutto "essere-con" (come dice Heidegger) ed ogni segno rispetta una sequenza, una cadenza ed una storia che è "linguaggio": un "dialogo-con".

La Arte-Terapia-Psicodinamica riguarda, dunque, il rispetto degli oggetti che fondamentano il rito della "donazione" e che, come nell'espressione ZEN, si illumina con i suoi modi simbolici. Questi sono precisi e misurati, come quelli del contadino che zappa, concima, semina e finalmente raccoglie … la soddisfazione del raccolto, del risultato che esalta, che soddisfa e che … "rende felici".

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